Si tratta di un saggio scolastico del novembre 1910, scritto da Antonio Gramsci quando frequentava l’ultima classe del liceo Dettori di Cagliari.
È davvero meravigliosa la lotta che l’umanità combatte da tempo immemorabile; lotta incessante, con cui essa tenta di strappare e lacerare tutti i vincoli che la libidine di dominio di un solo, di una classe, o anche di un intero popolo, tentano di imporle. È questa una epopea che ha avuto innumerevoli eroi ed è stata scritta dagli storici di tutto il mondo. L’uomo, che ad un certo tempo si sente forte, con la coscienza della propria responsabilità e del proprio valore, non vuole che alcun altro gli imponga la sua volontà e pretenda di controllare le sue azioni e il suo pensiero. Perché pare che sia un crudele destino per gli umani, questo istinto che li domina di volesi divorare l’un l’altro, invece di convergere le forze unite per lottare contro la natura e renderla sempre più utile a bisogni degli uomini. Invece, un popolo quando si sente forte e agguerrito, subito pensa ad aggredire i suoi vicini, per cacciarli ed opprimerli. Perché è chiaro che ogni vincitore vuol distruggere il vinto. Ma l’uomo che per natura è ipocrito e finto, non dice già «io voglio conquistare per distruggere», ma, «io voglio conquistare per incivilire».E tutti gli altri, che lo invidiano, ma aspettano la loro volta per fare lo stesso, fingono di crederci e lodano.